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26 Luglio 2021

La rivincita delle piccole imprese nel credito post-covid

un pugile che tira un dritto

È di nuovo allarme  per il sistema bancario italiano: con la fine delle moratorie c’è il rischio  di una nuova ondata di ansie da parte delle banche nel riportare a casa i prestiti erogati alle imprese durante il lungo periodo della pandemia. Gli operatori del recupero credito cominciano a sentire i primi scricchiolii e le previsioni sui fallimenti restano preoccupanti.

Se da una parte, infatti, la concessione di oltre 200 miliardi di prestiti garantiti dallo Stato al 90-100%, dall’aprile 2020 a oggi ha dato la possibilità a molti imprenditori di accedere più facilmente al credito, dall’altra assomiglia a una grande nevicata che ha coperto pressoché l’intero paesaggio economico con una coltre morbida e indistinta. Solo al disgelo, che è atteso dagli ultimi mesi del 2021, sarà possibile accorgersi che non tutte le imprese, purtroppo, dopo i continui lockdown, sono riuscire a riprendere la marcia in piena salute e che alcune, già in difficoltà prima della pandemia, non hanno i mezzi per proseguire.

I motivi di ansia da parte delle banche sono quindi reali, tuttavia oggi il problema è più radicale e ha a che vedere con la necessità da parte degli istituti tradizionali di rinnovare i propri sistemi di credit risk management. Vediamo insieme in che modo.

La sfida delle banche: riformare il credito per aumentare i ricavi

Il sistema valutativo delle banche si basa sui rating e sulla serie storica degli ultimi bilanci, che dovrebbe permettere agli istituti di credito di proteggersi dal rischio di fallimento di un’azienda o da possibili sofferenze sui prestiti (comunemente chiamati NPL). 

Oggi è però chiaro a tutti che non serva a molto valutare un’impresa sulla base del bilancio 2020. Le banche dovrebbero quindi innanzitutto ridisegnare il sistema di concessione del credito con criteri del tutto nuovi, gli stessi adottati dalle imprese del FinTech. Hanno bisogno di nuovi sistemi di credit risk management che garantiscano una selezione più accurata delle imprese utilizzando algoritmi e probabilità statistiche, insieme a valutazioni puntuali e predittive sulle modifiche strutturali nella domanda e nel sistema distributivo dei prodotti e dei servizi. È una pratica in cui le banche si sono esercitate poco, che ha portato, anche negli anni seguenti alla crisi finanziaria del 2008, ad una rapida riduzione dei prestiti alle imprese. È un territorio in cui si possono generare errori se non si sa distinguere imprenditori agili e innovativi in mezzo ad altri lenti e ostili alla digitalizzazione o rigidi nell’affrontare cambiamenti nelle rispettive filiere industriali.

Non solo. La necessità di installare velocemente sistemi di credit risk management innovativi (che possiamo chiamare Credit 4.0 per assimilazione con l’innovazione industriale), condiziona il sistema bancario anche sul fronte della redditività, quantomeno per il segmento delle imprese. Qui occorre una spiegazione: la lunga stagione di riduzione dei prestiti (-30% dal 2011) ha comportato un crollo dei margini. Non soltanto per i minori volumi ma anche a causa di una guerra nell’offrire denaro solo alle imprese ‘sicure’ che assorbono poco capitale per il basso rischio. Una scelta operata da tutte le banche italiane. Non è facile invertire la politica dei prezzi ora, ma non si ricostituiscono i margini limitando il credito alle grandi e medie imprese con tassi che in molti casi non superano l’1% annuo.

Il nuovo sistema del credito deve selezionare il rischio di imprese a cui concedere finanza, ma a tassi medi del 4-5% e oltre, senza per questo imbarcare nuove sofferenze. Alcune banche hanno iniziato a credere – e altre potrebbero seguire e ripensarci – che per fare maggiori ricavi, migliore redditività, si debba puntare proprio sulle piccole e medie imprese, che sono più propense ad accettare queste condizioni.

Una buona notizia: le piccole imprese interessano alle nuove banche

Oggi la scelta strategica delle nuove banche lanciate di recente come Illimity, Banca Progetto, Aidexa, ci offre la prova del ritorno dell’attenzione verso le piccole realtà economiche. Il motivo? La possibilità di prestare denaro a tassi più elevati, senza incorrere in costi elevati di struttura, rinunciando alle filiali e usando la tecnologia. E’ possibile farlo? Sembra proprio di sì a giudicare da esempi di successo esteri, ma la condizione primaria in Italia è il sistema di Credito 4.0.

Ci troviamo di fronte ad una vera e propria rivoluzione per le PMI. La conseguenza di questo spostamento negli interessi del mercato finanziario genera inevitabilmente un aumento di potere contrattuale dei piccoli: è l’inizio della fine del meccanismo per cui le banche hanno imposto condizioni alle piccole imprese, inchinandosi invece di fronte alle grandi, talvolta anche senza il motivo di un buon credito. Questa è un’ottima notizia per chi fa impresa, perché, se le PMI diventano il mercato da conquistare, i piccoli imprenditori possono solo attendersi migliori servizi, prezzi più bassi e maggiore rispetto nella relazione con la banca. Il potere si sta spostando gradualmente dalla loro parte.

Se accadrà, si tratterebbe di una rottura secolare: finirebbe l’era di un sistema finanziario che ha sempre costretto i piccoli a una condizione di inferiorità e in alcuni casi di discriminazione.  

La nuova era a cui potremmo andare incontro sarà dunque sicuramente più meritocratica: non importa quanto grande sia la tua azienda, ma quanto è coraggiosa sui vari fronti dell’innovazione. La principale condizione per accedere al Credito 4.0 sarà la capacità da parte delle piccole imprese italiane di sfruttare i cambiamenti del post covid e il PNRR per crescere sia nella dimensione che nei meccanismi di governo e conduzione delle decisioni. Oltre, naturalmente, a un maggiore grado di trasparenza contabile e informativa.

Dunque, l’innovazione sarà la chiave per ottenere vantaggi concreti nell’era post pandemica. Chi non ha paura del cambiamento, ma al contrario si sarà dimostrato resiliente, potrà ottenere vantaggi concreti. Perché spesso le difficoltà sono sinonimo di opportunità.

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