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6 Dicembre 2018

L’Italia è maglia nera in Europa per i tempi di pagamento, ma l’invoice trading può aiutare

Bandiera Uniione Europea

Secondo Intrum Justitia, la multinazionale specializzata nella gestione dei crediti commerciali che monitora le abitudini di pagamento tra persone, imprese e PA in 29 Paesi europei, ci vogliono 104 giorni per essere pagati dalla PA e 56 dai privati. Ecco perché il Fintech può cambiare le cose, laddove neppure l’UE è riuscita

A cura di Fabio Bolognini, Co-founder e Chief Risk Officer di Workinvoice

L’Italia? Terra di santi, poeti e dei pagatori meno affidabili d’Europa. A ormai cinque anni dal recepimento della Direttiva 7/2011 con cui la Commissione europea imponeva regole precise sui pagamenti a protezione delle imprese, i passi in avanti nel nostro Paese sono stati pochi. Il quadro normativo prevede che la PA paghi le fatture entro 30 giorni, concedendone 60 in casi particolari (per esempio nella Sanità). L’adozione della Direttiva in Italia, seppure meno cogente nei pagamenti tra imprese, era orientata a favorire pagamenti entro 60 giorni e ha sancito che, per ogni ritardo, il debitore possa pretendere gli interessi di mora (di almeno l’8%) e almeno 40 euro di risarcimento per sostenere le spese di recupero.

Un tentativo di moralizzare i pagamenti che, però, come vedremo attraverso i numeri, ha avuto finora un effetto quasi nullo. La stessa Intrum in una ricerca pubblicata nel 2017 segnalava che per il 77% delle imprese Italiane intervistate l’introduzione della Direttiva sui pagamenti non aveva determinato alcun miglioramento. Eppure, “i ritardi nei pagamenti generano oneri amministrativi e finanziari, che sono particolarmente gravi quando le imprese e i clienti si trovano in diversi Paesi dell’UE. Il commercio transfrontaliero ne è inevitabilmente influenzato. Per le PMI, qualsiasi interruzione del flusso di cassa può fare la differenza tra solvibilità e fallimento. La crisi economica ha portato numerose difficoltà, ma per le PMI le sfide rappresentate dai ritardi di pagamento sono cresciute in modo sproporzionato poiché le linee di credito e i prestiti bancari sono diventati meno disponibili,” spiegava la stessa Commissione nel presentare la Direttiva. E a fine 2017 l’Italia veniva deferita, a tre anni dall’apertura di una procedura di infrazione aperta proprio per gli eccessivi ritardi nei pagamenti da parte della PA: ritardi stimati in cento giorni.

Cosa è cambiato un anno dopo?

Una risposta si trova nell’edizione 2018 dello European Payment Report di Intrum Justitia, che monitora le abitudini di pagamento tra persone, imprese e PA in 29 Paesi europei. In Italia è migliorata l’entità dei ritardi: nel caso dei rapporti tra imprese sono di 6 giorni nel 2018, contro i 7 del 2017 e i 25 giorni del 2015. Nel caso della PA invece il ritardo medio si attesta a 31 giorni contro i 27 dello scorso anno e i 65 giorni del 2015.

Nel confronto con l’Europa, l’Italia ha ancora tempi fuori dalla media. Nel campo del B2B la media per l’evasione delle fatture è di 56 giorni, contro i 45 della Spagna, i 42 della Francia, i 27 della Gran Bretagna e i 24 della Germania. Se guardiamo alla PA la situazione è sempre la stessa per cui siamo stati deferiti dall’Europa: i 104 giorni di media per ottenere il dovuto dal cliente Stato in Italia si confrontano con i 55 della Francia, i 33 giorni in Germania e 26 nel Regno Unito. Ma perdiamo anche in confronto a economie meno solide: la Spagna è virtuosa con i suoi 56 giorni e persino la Grecia a quota 73 giorni, rispetto ai 103 del 2017.

Secondo quanto calcolato dalla società CRIBIS nel suo rapporto Studio Pagamenti 2018 con i dati aggiornati al giugno 2018, le imprese che pagano puntualmente sono solo il 36,7% del totale (erano il 36,4% un anno prima e il 37,5% nel 2010 prima della crisi).  Più di un’impresa su 10 (11,1%) paga con oltre 30 giorni di ritardo.

Qualche segnale positivo arriva da altri numeri. Segnatamente quelli della Piattaforma dei crediti commerciali (PCC) del Mef: su circa 19 milioni di fatture elettroniche nel 2017, per un importo pari a 115,9 miliardi di euro,  i tempi medi ponderati occorsi per saldare, sono, secondo il Ministero “pari a 55 giorni, mentre i tempi medi ponderati di ritardo si sono attestati su valori di 7 giorni, con una sensibile diminuzione (circa il 50%) rispetto ai tempi medi di ritardo con cui le Amministrazioni pubbliche hanno smaltito (sulla base dei pagamenti comunicati in Piattaforma) le fatture passive ricevute nell’anno 2016.

Nel complesso, quello che ancora manca in Italia è una cultura di business che promuova e certifichi il rispetto dei tempi di pagamento pattuiti: un elemento che è vitale per le imprese, soprattutto quelle piccole e micro che dominano il tessuto produttivo locale. Qualche tentativo è stato fatto, ma i dati mostrano che non si è rivelato efficace. Un esempio su tutti: dal 2015 Confindustria ha lanciato in Italia un codice di puntualità, sul modello del Prompt Payment Code in UK. Il Codice dei Pagamenti Responsabili, inizialmente concepito da Assolombarda e strutturato con il contributo delle Università Bocconi e Luiss, non impone termini fissi ma invita le imprese a tenere fede agli accordi presi con i fornitori, sempre nel rispetto della Direttiva UE. Tuttavia, le aziende aderenti, a luglio 2018 erano poco meno di 300 contro le 150mila iscritte di Confindustria. Il che dimostra quanto sia lunga la strada da fare.

Una strada a cui il Fintech può dare un contributo consistente

L’analisi delle imprese che accettano la cessione del credito attraverso il factoring digitale di Workinvoice (che ha un track record di circa 200 milioni di euro di transazioni realizzate sulla piattaforma nei suoi quasi 4 anni di attività) mostra immediatamente che si tratta di realtà tendenzialmente più virtuose della media.

Non è un caso: le imprese che accettano la cessione della fattura con Workinvoice sono in media più sensibili ai bisogni dei fornitori e dunque sono più propense a rispettare i tempi di pagamento concordati. Insomma, laddove neppure le norme hanno potuto cambiare profondamente le cose, forse potrà arrivare la disruption del Fintech. La cessione del credito, di questo siamo certi, ha un valore sistemico positivo perché facilita l’equilibrio finanziario complessivo dell’ecosistema delle imprese italiane.

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