Secondo l’ultimo Studio Pagamenti di Cribis, i tempi di pagamento medi in Italia sono pari a 71 giorni. Un dato che da sempre annovera il nostro Paese tra i peggiori in Europa e che non sembra migliorare: secondo la stessa ricerca, infatti, i ritardi gravi (oltre i 30 giorni), rispetto allo stesso trimestre del 2022, sono aumentati, raggiungendo il 9,4%. Tempi biblici per le imprese, soprattutto le più piccole, che a causa di questo malcostume vivono costantemente la pressione di ritrovarsi a corto di liquidità e di dover sollecitare i clienti più grandi per incassare le fatture. La situazione non è migliore nel resto del continente, tanto che l’Unione Europea ha proposto un regolamento che dovrebbe contrastare il fenomeno dei ritardi nei pagamenti imponendo un tempo massimo di 30 giorni nelle transazioni commerciali.
In questo articolo spiegheremo quindi:
- quali sono gli obiettivi della nuova proposta;
- in cosa consiste concretamente;
- quali sono le motivazioni che hanno spinto l’UE a cercare un cambiamento.
Gli obiettivi del regolamento sui ritardi nei pagamenti
Non è la prima volta che l’Unione Europea entra in campo nel tentativo di regolamentare questa situazione: aveva già emesso una direttiva nel 2011, conosciuta appunto come direttiva sui ritardi di pagamento, che fissa i tempi entro i quali le fatture devono essere saldate e prevede sanzioni nel caso in cui non venga rispettata la scadenza. Negli ultimi anni però la Commissione Europea si è accorta che questa direttiva si è rivelata inadeguata e ha deciso di tornare sul tema con l’obiettivo di colmare alcune lacune giuridiche.
Il fine del regolamento rimane quindi lo stesso:
- favorire la crescita delle PMI migliorando la puntualità nei pagamenti
- proteggere le aziende dai rischi collegati ai ritardi.
I principali contenuti del regolamento sui ritardi nei pagamenti
La prima differenza rispetto al passato consiste innanzitutto nella tipologia della norma: non più una direttiva, bensì un regolamento, cioè una legge che si applica automaticamente in tutti gli Stati membri. Al contrario, le direttive stabiliscono solo obiettivi e linee guida ed è compito poi dei vari legislatori nazionali scegliere i mezzi per recepirle. Una presa di posizione forte, dunque, con cui l’Unione Europea propone in particolare di:
- introdurre un tempo massimo di pagamento di 30 giorni nelle transazioni commerciali dalla data di ricezione della fattura;
- eliminare ogni possibilità di deroga, stabilendo un elenco di clausole contrattuali e prassi nulle
- rendere gli interessi di mora sui pagamenti in ritardo automaticamente dovuti. Essi inoltre maturano fino al pagamento dell’importo della fattura;
- aumentare il risarcimento forfettario per le spese di recupero dovuto da 40 a 50 euro per ogni singola transazione pagata in ritardo;
- stabilire che gli Stati membri sono tenuti a nominare autorità nazionali con il compito di applicare il regolamento e con poteri di indagine e sanzionatori.
La motivazione della proposta: la situazione dei ritardi nei pagamenti in Europa
Nel concreto, quindi, sono due i punti cardine della proposta: tempi più stretti e sanzioni più severe, con l’obiettivo di proteggere le PMI e incentivarne lo sviluppo. Come si legge nella proposta di regolamento “i ritardi di pagamento incidono direttamente sulla liquidità e sulla prevedibilità dei flussi di cassa, aumentando in tal modo il fabbisogno di capitale di esercizio e compromettendo l’accesso al finanziamento esterno da parte di un’impresa. Ciò si ripercuote sulla competitività, riduce la produttività, provoca licenziamenti, aumenta la probabilità di insolvenza e di fallimento e costituisce un importante ostacolo alla crescita. I ritardi di pagamento rappresentano pertanto un problema per l’economia dell’Unione a causa delle loro ripercussioni economiche e sociali negative”.
Quello dei ritardi è infatti un fenomeno che sta dilagando in tutta Europa. Secondo i dati della Commissione, infatti, nel quarto trimestre 2021, 11 dei 19 Stati membri di cui sono disponibili i dati registrano ritardi nei pagamenti per oltre il 50% delle transazioni commerciali (in Italia il 62%).
Ma non solo, le imprese più inadempienti sono quelle più grandi: come si vede dal grafico sottostante, infatti i ritardi sono direttamente proporzionali alla dimensione dell’azienda, a scapito delle PMI.
Le criticità della proposta: il parere motivato della Camera dei Deputati in Italia
Se da un lato, come abbiamo visto, il problema dei ritardi nei pagamenti in Italia è abbastanza grave, dall’altro lato, quando il regolamento è stato esaminato dalla XIV Commissione della Camera dei Deputati (Commissione Politiche dell’Unione Europea) sono emerse diverse criticità che hanno portato i membri della commissione a redigere un parere motivato. Nel documento si legge che la norma, proprio perché contenuta all’interno di un regolamento e non di una direttiva, violerebbe il principio di sussidiarietà, in quanto non terrebbe conto delle differenze dei sistemi produttivi di ciascun Paese e delle effettive condizioni in cui si svolgono le transazioni commerciali in ciascuno di essi. In particolare, imporre un termine di pagamento uguale per tutte le imprese impedirebbe loro di concordare condizioni sulla base delle specifiche esigenze di ciascuna filiera e non terrebbe conto della diversa esposizione al credito che intercorre tra di esse a seconda della loro dimensione. Secondo la Camera, dunque, la proposta rischierebbe di “compromettere in modo significativo le dinamiche di mercato e di incidere negativamente sulla concorrenza, tenuto anche conto che le imprese possono cercare fornitori che offrono condizioni di pagamento favorevoli”.
Una formulazione definitiva sembra essere ancora lontana: non ci resta dunque che aspettare aggiornamenti dagli organismi preposti dell’Unione europea.
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