Se il Fintech ha rivoluzionato il mondo dei servizi finanziari, grazie ai modelli della piattaforma digitale e del banking-as-a-service, oggi è esso stesso a mutare, puntando sugli investitori istituzionali.
In questo contesto, la strategia di Workinvoice prevede non solo l’adozione di accordi per attrarre investitori istituzionali, ma anche sempre maggior specializzazione, collaborazione con banche e provider hi-tech. Perché la piattaforma diventi scalabile e sempre più integrabile nelle strutture degli operatori della finanza tradizionale
A cura di Matteo Tarroni, Founder e CEO di Workinvoice
Secondo il recente Osservatorio FinTech Italia 2019 di PwC, i player FinTech italiani sono 299 (+27% nel 2018 sul 2017) e hanno registrato transazioni per 38 miliardi di dollari, contro i 92 miliardi della Francia, i 130 della Germania, i 216 del Regno Unito. Ma le scale-up, ovvero le aziende con un fatturato superiore a un milione di euro sono invece 40 e hanno generato oltre l’87% del fatturato complessivo del comparto. Tra queste Workinvoice è la sola attiva nel settore del lending.
Ma qual è il modello di business di Workinvoice e quali le sue prossime evoluzioni?
La piattaforma come elemento chiave dell’innovazione
Innanzitutto, Workinvoice è strutturato come una piattaforma: la stessa PwC sostiene che la chiave dell’innovazione del futuro sia proprio il modello della piattaforma, che ha la capacità di disintermediare i diversi segmenti dei business finanziari, spesso con tempi e costi estremamente ridotti. Crowdfunding, lending per PMI e privati, invoice trading sono classici esempi di business costruiti in questo modo.
Quasi sempre, nell’invoice trading la piattaforma è abbinata ad altre tecnologie evolute, come AI e Big Data, che vengono impiegate per la valutazione del rischio. Le startup che impiegano questo tipo di innovazioni sono quelle che, pur essendo nate in competizione con le banche, si stanno orientando verso la collaborazione e integrazione. E viceversa, il modello della piattaforma è la prima forma di FinTech che le banche hanno deciso di acquisire o sviluppare all’interno per provare a dominare la disruption.
Banking as a service
Siamo all’inizio di una rivoluzione copernicana: se fino ad oggi le banche si sono occupate di fornire una gamma di servizi ampia e complessa con la pretesa di coprire l’intero mercato del credito e degli investimenti (spesso fallendo nell’obiettivo), la banca del futuro non potrà conservare la struttura elefantiaca e pesante a cui siamo abituati ma dovrà mutare profondamente. L’evoluzione che ci attendiamo è simile a quella che hanno subito altre industrie, dall’informatica (si pensi al cloud), alla grande distribuzione (con Amazon), fino all’hospitality (rivoluzionato, ad esempio, da AirBnb e Booking). Il FinTech trasforma quello che è sempre stato finora il business one-to-one della banca in una piattaforma di mercato, entrando nella quale il fruitore ha la possibilità di scegliere di volta in volta il servizio di cui ha bisogno. Dal punto di vista degli operatori di settore, accadrà quello che accade già con le carte di credito: esistono solo due grandi aggregatori (Visa e Mastercard), che offrono lo stesso servizio a tutte le banche e si spartiscono il mercato. Il FinTech, con le sue molte specializzazioni, sarà in grado di fornire alle nuove banche i diversi servizi, in forma aperta, dai prestiti alle imprese, all’anticipo fatture, ai pagamenti digitali.
Necessarie evoluzioni: gli investitori istituzionali
Anche il FinTech è una svolta. Recentemente e per la prima volta, il mondo dell’Alternative Finance britannico e in parte quello europeo hanno registrato un rallentamento delle performance. Questa piccola inversione di tendenza significa che il momento è maturo per ampliare gli orizzonti e attrarre sulle piattaforme gli investitori istituzionali. Proprio a questo fine, le piattaforme hanno rinforzato le misure di protezione del rischio o di allineamento di interessi tra originators e investitori: gli accordi possono prevedere, ad esempio, coperture dal 5% al 15% della perdita realizzata su ciascuna posizione o del 5% sul portafoglio o la garanzia di un rendimento minimo; o ancora la trasformazione della perdita dell’investitore in una partecipazione equity nella piattaforma a forte sconto rispetto alla valutazione corrente.
La strategia di Workinvoice
Per rafforzare il nostro ruolo di protagonista dell’invoice financing italiano e guidare le prossime evoluzioni, abbiamo compiuto due passi: innanzitutto abbiamo investito nella struttura preposta alla valutazione dei rischi, sia nella sua componente più prettamente tecnologica che acquisendo il know-how prezioso di risk officers di provata esperienza. Oggi Workinvoice è in grado di offrire alle aziende che operano sul marketplace un completo servizio di analisi del rischio di credito commerciale ed è in grado di fornire la soluzione immediata per la gestione del working capital, aprendo alle aziende italiane il mercato dei capitali internazionale.
Conclusioni: specializzazione e collaborazione
In sintesi, la maggiore sfida aperta per il prossimo biennio sarà quella di consolidare il modello creato da Workinvoice per l’efficiente finanziamento dei crediti commerciali delle imprese italiane.
Il focus resterà quindi sull’attività di gestione dei crediti commerciali, restando fedeli al sistema di aggregazione di provider e partners che coordinati da Workinvoice forniscono questo servizio nella maniera più efficace possibile. Ma continueremo a sviluppare la distribuzione, coordinando le reti esterne. E soprattutto, puntiamo a stringere partnership funzionali alla crescita e al consolidamento del modello di business con banche e istituzioni, al fine di sviluppare servizi Fintech di anticipo fatture ad oggi non implementati. Ma anche, per ragioni diverse, con i produttori di tecnologia, che sono spinti dalla fatturazione elettronica, dalla PSD2 e più in generale dall’innovazione digitale a integrarsi con i fornitori di servizi finanziari per avere accesso a nuovi mercati.