Qualche minuto davanti al computer, un paio di giorni d’attesa. E poi i soldi sul proprio conto corrente. L’anticipo fattura via web resta ancora prodotto di nicchia ma i volumi dichiarati dai pochi operatori presenti sul mercato, alternativi al canale bancario, evidenziano tassi di crescita rilevanti: dal livello zero o quasi di due anni fa si è passati oggi a transare una media di 30 milioni al mese. Il che consente incassi rapidi per aziende spesso penalizzate dai ritardi nei pagamenti, che, anche se in riduzione, riguardano ancora quasi i due terzi delle fatture. Anche se le ultime rilevazioni indicano ritardi nei pagamenti tra imprese meno frequenti, con Cribis a segnalare un calo del 16,7% nei ritardi gravi, la puntualità è presente solo nel 38% dei casi, il che provoca tensioni nella gestione del circolante per le imprese.
I modelli di business adottati non sono identici (cessione pro-soluto o pro-solvendo, piattaforme di comparazione o aste vere e proprie) anche se lo schema di fondo è analogo: attraverso una piattaforma dedicata l’azienda inserisce la propria fattura, il cui grado di rischio viene valutato e “prezzato” dall’operatore. Se il valore è ritenuto adeguato la transazione si chiude e in pochi giorni l’azienda smobilizza il proprio credito incassando il contante. Leader e pioniere del mercato è Workinvoice, partita nel 2015 con 70mila euro di fatture transate alla settimana, lievitati ora a due milioni: a fine anno i volumi transati, attraverso un meccanismo di asta, arriveranno a quota 100 milioni. «Il tempo gioca a nostro favore – spiega il cofondatore Fabio Bolognini – perché consente di superare le diffidenze iniziali delle imprese e anche degli investitori, timorosi di fronte ad un meccanismo nuovo». Sulle fatture inserite in piattaforma, gestita da un team di 12 persone, si apre un’asta tra investitori, che determina costo per l’azienda cliente e dunque tasso di rendimento per l’investitore. «Il track-record è decisamente favorevole – aggiunge Bolognini – con tassi bassissimi di default. Ecco perché crediamo che in futuro si allargherà la platea degli investitori, dove gli italiani al momento sono in posizioni di retroguardia».
In decisa crescita anche l’attività di Credimi, che agisce direttamente come finanziatore/investitore autorizzato da Bankitalia. La piattaforma, operativa in forma completa da un anno, ha trattato più di 40 milioni, con un’accelerazione negli ultimi mesi. «Ora la media è due milioni a settimana – spiega il co-fondatore Sabino Costanza – e per fine anno abbiamo un target di transato nell’ordine dei 60 milioni. Siamo soddisfatti dei risultati anche perché guardando il comportamento all’estero di piattaforme analoghe abbiamo tassi di sviluppo superiori». Crescita che si traduce in nuove assunzioni, con 5 ingressi negli ultimi sei mesi a far lievitare l’organico a quota 22 addetti e un altro paio di posizioni aperte da chiudere entro fine anno.
Un modello diverso è quello scelto da CashInvoice, che opera come piattaforma di comparazione con 5 addetti. Da un lato il sistema esamina in automatico il grado di rischio dell’azienda e del credito ceduto, dall’altro esamina le ipotesi di finanziamento possibili confrontando le proposte di factor e banche. «Formalmente siamo partiti a luglio – spiega il fondatore Luca Scali – ma di fatto i primi volumi veri si sono visti da settembre. Ora trattiamo in media un milione a settimana, con tagli medi di 120-130mila euro. Se il trend prosegue, a fine anno dovremmo arrivare a 12 milioni di transato mentre l’anno prossimo vorrei aprire nuove linee di business, con la transazione di crediti Iva e da procedure concorsuali».
La strada della cessione pro-soluto è quella scelta da Crowdcity, che attraverso una partnership con un gestore internazionale di sistemi di pagamento (LemonWay) accelera e semplifica le transazioni. «Abbiamo transato già tre milioni e i nostri volumi crescono – spiega il fondatore Simone D’Angelo – anche se vediamo una concorrenza crescente da parte del settore bancario. Aziende in passato respinte che ora riescono ad avere accesso a finanziamenti. Forse la fase più acuta della crisi delle sofferenze è superata e le banche cercano di aumentare i propri rendimenti.Il nostro track record finora è positivo: finora abbiamo avuto solo un caso di ritardato pagamento, tutte la altre transazioni sono andate a buon fine».
Cessioni pro-soluto anche per Cashme, con 150 fatture già transate e una platea di investitori istituzionali che garantiscono dieci milioni di fondi rotativi. Tenendo conto della scadenza media delle fatture, nell’ordine dei 70 giorni, i fondi sono in grado di finanziare su base annua 50 milioni di anticipi. «In termini di capitale potremmo anche andare oltre – spiega il fondatore Marcello Scalmati – ma dobbiamo prima aumentare il parco delle aziende clienti. Da settembre c’è un’impennata dei volumi, che crediamo proseguirà da qui a fine anno, in vista della redazione dei bilanci: una cessione pro-soluto elimina infatti dai conti un credito e aumenta la cassa, migliorando il profilo finanziario dell’azienda. Ora gli addetti sono sei, che puntiamo a raddoppiare entro metà 2018».
Operativa sul mercato anche la piattaforma londinese Prestacap, che all’erogazione di prestiti ha aggiunto da pochi mesi l’anticipo fattura. L’operatore, registrato presso Consob ma regolato dalla normativa europea, eroga direttamente i fondi nella modalità pro-solvendo, operando sia in Italia che in Germania. «Per fine anno – spiega il ceo Christian Nothacker – prevediamo una media di cinque milioni transati al mese. In Europa lavorano 20 persone, che saliranno a 30 entro dicembre».
L’ipotesi di una “hard” Brexit che imponga dazi e vincoli alle aziende britanniche operanti in Europa è al momento vista come remota, anche se esistono già alternative a Londra. «Spostarci a Francoforte o Milano? Al momento la candidata è Dublino – spiega il Ceo – dove la legislazione di riferimento è più leggera e flessibile».
Fonte: Sole 24 Ore