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30 Gennaio 2020

Workinvoice: come nasce una startup disruptive

Il Viaggio Disruptive di Workinvoice

Quando nel 2013 Matteo Tarroni, ispirato da ciò che accadeva sul mercato britannico, decise di aprire un marketplace dove si potessero scambiare fatture di alta qualità – per offrire liquidità alle PMI e rendimenti attraenti ai finanziatori – i presupposti per cui l’idea potesse funzionare c’erano tutti.

Sono trascorsi solo sette anni, eppure, sembra un’era geologica.

In questo periodo il mondo – non solo finanziario – si è completamente rivoluzionato grazie alle piattaforme. E così Workinvoice, che ha avuto il merito di cavalcare l’onda là dove si originava, sta già cambiando pelle. Vi raccontiamo questa evoluzione e la sua origine.

I tre fattori che abilitano l’invoice trading italiano

Facciamo un salto indietro di sette anni: siamo a metà del 2013, il credit crunch bancario è già in atto ed è stato un duro colpo soprattutto per le imprese di dimensioni minori, tanto che tra il 2011 e il 2019 la finanza disponibile per le aziende è passata da 914 miliardi di euro a 668 (dati Bankitalia). Se questo rappresenta un elemento di forte cambiamento dopo tanti anni decisamente più floridi, non lo è il fatto che l’Italia sia, statisticamente, il Paese con i peggiori pagatori d’Europa, con i tempi più elevati e i ritardi maggiori. Ne risulta un mercato del credito commerciale enorme, con un valore, secondo il Politecnico di Milano, pari a 530 miliardi di euro, servito solo al 28%.

Un terzo elemento si va ad aggiungere al credit crunch e ai ritardi nei pagamenti: la tecnologia. Essa è già matura per offrire la possibilità di semplificare e snellire tutte le procedure tipiche dell’anticipo fatture bancario. Infatti permette alle imprese di vivere un’esperienza completamente digitale e senza intermediazioni, attraverso un marketplace delle fatture, cioè un luogo virtuale dove esse possano essere caricate – anziché spostate fisicamente e valutate allo sportello – e selezionate da algoritmi intelligenti nonché da professionisti con esperienza e capacità di analisi puntuali, per poi essere cedute sul libero mercato con una procedura che richiede solo pochi giorni, anziché settimane.

Workinvoice: le origini

La convergenza di questi tre fattori ha reso possibile ad alcuni ex dipendenti di società finanziarie di insinuarsi con successo in una professione che per 600 anni era stata controllata dalle banche.

Workinvoice nasce quindi dall’osservazione di un contesto problematico e dalla volontà di cambiarlo. Ma chi sono i pionieri? Matteo Tarroni lavora da venti anni in banche di investimento: vuole importare in Italia l’invoice trading, quella che tra le soluzioni FinTech gli appare la più adatta al nostro contesto. Coinvolge due amici, con una laurea in fisica, conoscenza delle tecnologie ed esperienze di startup, Ettore Decio e Luca Spampinato. E incontra Fabio Bolognini, che ha una solida esperienza nella finanza per le PMI. Li porta tutti a bordo: al nucleo di fondatori si aggiunge infine un socio finanziatore, un business angel triestino che vuole puntare su una startup.

Così, con 200mila euro parte l’avventura: la società si costituisce a dicembre 2013 e per sei mesi i soci lavorano part time, in immersione, per far partire il mercato.

La fase di avvio e la validazione

Un anno dopo, a dicembre 2014, la macchina è pronta e sul mercato digitale avvengono i primi scambi tra investitori e piccole imprese. Workinvoice in questo momento è ancora in una fase sperimentale e quindi la piattaforma viene testata: un ristretto gruppo di investitori impiega importi contenuti per provare se il meccanismo funzioni e consentire agli sviluppatori di correggere eventuali errori.

La fase di regime e la crescita

Alla fine del 2015 Workinvoice è a regime: funziona, le fatture vengono scambiate con profitto, il rischio misurato in pochi giorni, le aziende trovano risorse fresche da investire, i finanziatori ottengono un premio congruo. Seguono gli anni dell’espansione: nel 2016 e nel 2017 aumentano tutte le dimensioni, clienti, procacciatori di clienti, volumi, numero di fatture. Le fatture transate sulla piattaforma passano dai 4 milioni del 2016 ai 91 nel 2018.

Anche dal punto di vista societario, Workinvoice si rafforza: nel 2015, 2016 e 2018 avvengono tre aumenti di capitale riservati a nuovi investitori. Insomma, la macchina è rodata e dà dimostrazione di essere così efficace che sul mercato, negli stessi anni, iniziano a nascere i competitor: quasi tutti con una formula identica, fanno ciò che fa Workinvoice.

Aumenta la competizione

Workinvoice dal canto suo e in quanto pioniere ha un valore aggiunto che deriva dalla capacità di abbattere il rischio finanziario, che è in capo al compratore, e il rischio di mercato che dipende dalla qualità dei crediti. Un altro punto di forza è la piattaforma sviluppata tutta internamente.

Ma andiamo con ordine. Nel 2018 Workinvoice stringe un’alleanza strategica con Crif, il provider di informazioni afferente a Cribis, che dota la società di due elementi importantissimi: i dati e una rete di venditori che ha relazione direttamente con le imprese. L’accordo è una pietra miliare anche per il mercato perché è il primo esempio italiano di convergenza tra operatori tradizionali e fintech, un modello che sarà sempre più diffuso.

Il valore aggiunto di Workinvoice

Il punto di forza di Workinvoice è la parte informatica. La piattaforma su cui gira l’intero sistema, validata da cinque anni di sperimentazione, è proprietaria. Il che consente di aggiornarla in tempi rapidissimi ogni volta che si rende necessario. Questo rappresenta un valore aggiunto anche perché nel frattempo le banche stanno iniziando a guardare con interesse il mondo FinTech, che può offrire soluzioni innovative ai problemi che fanno sempre più fatica a gestire.

… e gli sviluppi futuri

La convergenza di istituti di credito e servizi alle imprese sarà cruciale per l’evoluzione futura di Workinvoice. Vogliamo diventare per le PMI e per le aziende di servizi un partner nel loro processo di sviluppo: per riuscire in questo obiettivo la chiave di successo è puntare sempre più sulla qualità e l’efficienza dei processi rendendoli fluidi e digitali, per poter stringere sinergie anche con le banche e insieme offrire alle imprese servizi sempre più mirati ed efficaci.

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