A cura di Fabio Bolognini, Chief Risk Officer di Workinvoice
Ad agosto 2020 entrerà in vigore il Codice della crisi e dell’insolvenza. Meglio che le Pmi non si facciano trovare impreparate. Una guida.
La crisi d’impresa, uno degli spettri di quest’ultimo decennio italiano, ha una nuova cornice regolamentare dallo scorso febbraio e un appuntamento fissato ad agosto 2020 con l’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs.14/2019) che potrebbe toccare quasi 300 mila imprese. Eppure la maggior parte degli imprenditori sono poco consapevoli di cosa comporterà, mentre proliferano i convegni tra esperti. Proviamo dunque a fare una sintesi che possa rappresentare una prima guida.
Dalla tutela dei creditori a quella delle aziende
Diciamo subito che la finalità che si è proposto il legislatore (con la commissione Rordorf nata nel 2015) nel modificare la legge fallimentare è totalmente corretta in prospettiva e allineata alle raccomandazioni che arrivano dall’Europa. L’obiettivo è la prevenzione dell’insolvenza, che tanti danni ha procurato ai creditori (fornitori e banche) e alla forza lavoro. L’idea fondante della riforma è che se le imprese si dotano di modelli organizzativi e di controllo possono evidenziare tempestivamente lo stato di crisi (inadeguatezza dei flussi di cassa) in modo da fermarlo o limitare gli effetti negativi per evitare l’insolvenza e i danni all’ecosistema dell’impresa. La legge fallimentare passa così dall’obiettivo di tutelare gli attivi per i creditori in una liquidazione all’ambizione di preservare la continuità aziendale, anche utilizzando le procedure previste per la composizione delle crisi.
Le imprese coinvolte
Per conseguire l’obiettivo di fare emergere la crisi e di contrastarla tempestivamente la legge ha previsto nuovi adempimenti per le imprese. Quali imprese? Il perimetro di applicazione è il primo punto critico: al momento tocca tutte le imprese che abbiano attivo o fatturato superiore a 2 milioni di euro oppure più di 10 dipendenti. Basta uno solo dei tre criteri per tre anni consecutivi. La stima fatta dal ministero di Giustizia e da altri esperti potrebbe toccare almeno 300 mila società (spa, srl e società di persone). Le società con questi valori devono dotarsi già quest’anno di un assetto organizzativo, amministrativo e contabile in grado di rilevare in ogni momento i sintomi della crisi, anche attraverso l’analisi di indici di bilancio anche nel corso dell’esercizio (art.375). L’assetto comprende la nomina di un organo di controllo o revisore esterno che si comporterà più o meno come oggi agisce un collegio sindacale. Lo statuto e l’atto costitutivo devono essere aggiornati (art.379). Non finisce qui perché la rilevazione dello stato di crisi potrebbe provenire da altri attori, quali enti pubblici qualificati (Agenzia Entrate, Inps, Agenti della riscossione) in presenza di debito rilevante per dimensione e ritardo. Il sistema di allerta metterà fine all’epoca del ‘Come è stato possibile arrivare a un dissesto del genere?’
Utile sottolineare che la mancata segnalazione da parte degli organi della società avrà conseguenze di responsabilità personale/patrimoniale su soci amministratori e revisori. Lo stato di crisi che dovesse essere segnalato verrà sottoposto all’esame di nuovi organismi (le commissioni Ocri per la composizione della crisi d’impresa) da costituire presso il sistema camerale con tre membri scelti tra curatori, commissari giudiziali e professionisti della finanza d’azienda. Le commissioni stabiliranno le azioni opportune per fermare la crisi scegliendo tra le soluzioni extra-giudiziali e quelle proposte dalla stessa legge fallimentare. Nel frattempo il Consiglio nazionale dei commercialisti si sta esercitando per selezionare entro ottobre gli indici di bilancio che saranno utilizzati. Lavorando sui bilanci storici si vorrebbe evitare la segnalazione di ‘false crisi’ e limitare l’impatto a un 3-5% del perimetro totale delle imprese. Le banche sono in silenzio stampa temendo che l’emersione di nuove crisi, non ufficialmente incluse nel perimetro Npl, possa aumentare gli stessi Npl di altri 50-60 miliardi con impatto sui bilanci bancari.
Cosa devono fare le piccole imprese?
Ecco alcuni suggerimenti pratici:
1. Informarsi e capire. L’errore più grave è sempre quello di mettere la testa sotto la sabbia e pensare che le modifiche di legge vengano rinviate oppure si applichino ad altri e non alla propria impresa. I piccoli imprenditori non sono informati perché non hanno mai abbastanza tempo e non hanno dipendenti o consulenti dedicati a queste decisioni.
2. Essere lungimiranti e valutare che il costo di installare oggi i controlli e i controllori (il revisore) – normalmente assenti in piccole aziende – sia molto simile all’acquisto di una sorta di sistema anti-incendio che possa prevenire guai ben peggiori. Fare i calcoli e tenere sotto osservazione un cruscotto di indici di bilancio non ha mai fatto male a nessun imprenditore e ha salvato la vita (aziendale) a tanti altri.
3. Comprendere il rischio perché da oggi in avanti la riga gialla da evitare non è più l’insolvenza conclamata (non pagare fornitori da mesi o il fisco da anni), ma lo stato di crisi rilevabile da pochi sensori-indici. Perciò lo sforzo del bravo imprenditore non sarà più arrivare sul limite dell’insolvenza e annaspare bensì tenersi più possibile alla larga dallo stato di crisi. Si configura quindi un nuovo perimetro di attenzione e d’azione sui cui già si stanno applicando consulenti e società di software per vendere nuovi sistemi di allerta proprio alle piccole imprese. Come sempre prima di comprare a scatola chiusa è bene capire cosa si deve e si può fare internamente.
4. Prevenire i comportamenti del credito bancario, che vive ancora nel terrore delle sofferenze (Npl) causate da imprese con crisi non rilevate per tempo e non sarà benevolo verso chi si avvicina o supera la riga gialla. Il sistema bancario sa fare bene i calcoli sui bilanci e sugli indici e questa è un’altra ottima ragione per avere un proprio cruscotto oggi e non domani.
Meglio non perdere tempo e farsi trovare pronti
Mentre le associazioni della piccola impresa spingono per rimandare l’applicazione della legge o ottenere un’introduzione graduale dei requisiti di allerta della crisi, rinviando l’applicazione sulle imprese sotto i 5 milioni di ricavi e rendendo più morbidi gli indicatori, il mio personale consiglio va in direzione opposta: non perdere tempo, imparare le nuove regole del gioco e farsi trovare pronti e allenati alle scadenze che arriveranno comunque. Il ricordo di come le piccole imprese arrivarono impreparate all’appuntamento con l’introduzione del rating in banca, nonostante un lungo preavviso, dovrebbe aiutare a fare una scelta oculata.
Fonte: lettera43.it