Quasi 300mila società italiane sono a rischio default (il dato è dell’Osservatorio Rischio Imprese di Cerved): i comparti più colpiti dal peggioramento della congiuntura sono costruzioni, trasporti, industria pesante, servizi non finanziari e il peggioramento del rischio più consistente nel 2022 avviene per gestione aeroporti (+24,7%), siderurgia (+12,1%) e ristorazione (+11,7%). In sofferenza anche cantieristica (+4,3%) e automotive (+3,7%).
Certamente una quota di queste aziende non ha speranze, ma molte altre, – solide e promettenti e tuttavia ferite dalla situazione contingente – con una attenta analisi patrimoniale e una gestione efficace di flussi di cassa e crediti commerciali, potrebbero sopravvivere e riprendere quota, passata la bufera.
Il 15 luglio è entrato infatti in vigore (e potremmo dire è arrivato in soccorso) il nuovo Codice della crisi, strumento teoricamente efficace, per cui non mancano tuttavia aspetti di criticità. Le riflessioni arrivano da Matteo Tarroni, CEO & Co-Founder di Workinvoice e Vincenzo De Sensi, Founder Studio Legale De Sensi e Professore di Diritto della Crisi d’Impresa.
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