Peggiorano i ritardi gravi nei pagamenti, secondo i dati di Cribis, soprattutto per le microimprese. Ma un Osservatorio del Polimi segnala la crescita esponenziale dell’invoice trading offerto dalle piattaforme come Workinvoice. Che ha un mercato potenziale ancora enorme
A cura di Matteo Tarroni, Founder e CEO di Workinvoice
Nel 2018 solo il 35,5% dei pagamenti tra imprese italiane è stato puntuale: un peggioramento sensibile rispetto al 2017. Al contempo le fatture evase con ritardi superiori al mese sono aumentate dell’8,5% (dati Cribis). Il 2018, però, è stato anche l’anno in cui l’invoice trading, l’anticipo fatture attraverso piattaforme online, ha conosciuto una crescita esponenziale, che un recente studio del Polimi indica nel 500% almeno per quanto riguarda il credito di filiera – ovvero “l’insieme delle soluzioni che consentono a un’impresa di finanziare il proprio capitale circolante, facendo leva sul ruolo che essa ricopre all’interno della Supply Chain in cui opera e delle relazioni con gli altri attori della filiera.” Sono anche aumentate in maniera impressionante le partnership tra FinTech e imprese tradizionali o associazioni di categoria. Tutti segnali che da un lato le PMI si avvicinano con fiducia sempre maggiore all’invoice trading e dall’altro che il sistema lo assimila e lo riconosce.
Peggiorano i ritardi gravi nei pagamenti tra imprese
Dunque, partiamo dai numeri. Secondo lo Studio Pagamenti di Cribis, aggiornato a fine 2018, solo il 35,5% dei pagamenti tra imprese è stato puntuale (-4,8% rispetto al 2017), mentre sono cresciuti dell’1,7% i pagamenti con ritardi fino a 30 giorni (che sono il 53,1% del totale) e, in misura più rilevante, +8,5% quelli oltre i 30 giorni (che sono tuttavia solo l’11,4% del totale). Sono soprattutto le micro imprese ad abbassare la media: nel loro caso i ritardi sopra i 30 giorni sono una fetta del 12,5%, contro il 5,2% delle imprese grandi, il 5,3% delle medie e il 7% delle piccole. Un sensibile peggioramento di una situazione che vede da sempre il nostro Paese fanalino di coda in Europa.
Nella filiera del credito, 400 miliardi ancora da servire (la grande occasione dell’invoice trading)
L’Osservatorio del Politecnico di Milano sulla Supply Chain Finance racconta come si evolve il mercato DEL credito di filiera. Un mercato che in Italia vale 530 miliardi di euro – secondo in Europa dopo la Francia – ma è servito solo per il 28%. Dunque, ci sono quasi 400 miliardi di credito che potrebbe essere anticipato anche attraverso l’invoice trading. Che è stata la categoria a maggior crescita (+500%) nell’ultimo anno: i dati del Polimi, vale la pena sottolinearlo, si riferiscono al 2017 e sono calcolati considerando il valore medio di rotazione del capitale, non il transato sulle piattaforme. Dunque a nostro avviso sottostimano la reale portata delle piattaforme. Infatti, il volume di fatture anticipate ascritto a queste ultime è di 40 milioni, contro i 240 censiti da P2P Lending Italia nello stesso periodo. E, certamente, pur volendo considerare il calcolo dell’Università più accurato, questo non contiene ancora il vero e proprio boom che l’invoice trading ha sperimentato solo nel 2018 e di cui abbiamo parlato qui.
L’Invoice trading vale lo 0,01% della supply chain finance ma cresce del 500%
Dunque, secondo il Polimi, la filiera del credito è ancora dominata dall’Anticipo Fattura bancario (passatodai 75 miliardi del 2016 ai 79 del 2017; il 15% del totale servito), mentre il Factoring resta stabile a quota 58 miliardi (e vale l’11% del mercato), l’Invoice Auction si è invece guadagnato una quota dello 0,01%. È la comparsa tangibile dell’adozione di soluzioni innovative. “Soluzioni quali l’Invoice Auction o la Carta di Credito non sono più solo esempi isolati ma una realtà, valutata e implementata da parte delle imprese.” Si comprende la portata di questa novità, considerando che si tratta di soluzioni che vanno a favore soprattutto delle PMI, le più penalizzate dai canali tradizionali.
Workinvoice segna la strada delle collaborazioni
Il secondo segnale forte di sviluppo è il movimento nell’ottica della collaborazione tra soluzioni tradizionali e FinTech, in un percorso che appare ormai irreversibile. L’Italia spicca con 30 deal da inception, contro le 60 censite a livello internazionale. Le partnership sono di diverso tipo: tra provider finanziari consolidati e player innovativi; tra provider finanziari e associazioni di categoria o imprese capo filiera; tra provider tecnologici o di informazioni. Tutte mirano ad ampliare il mercato. Workinvoice si è distinta come la società FinTech più prolifica di accordi che ricadono in diverse categorie: la prima partnership citata dal Polimi risale al 2014 ed è stata siglata con la triestina modeFinance, startup fin-tech proprietaria di una metodologia innovativa per l’analisi di credito. Del 2017 è l’accordo con il network di consulenza aziendale Fivesixty.
Mentre dell’ultimo trimestre del 2018 “è quello avvenuto tra Crif e Workinvoice, che hanno sviluppato un servizio rivolto alle PMI per ricevere finanziamenti sulle proprie fatture; ciò avviene tramite un report che integra informazioni dettagliate volte a mostrare se una fattura può essere acquistata dagli investitori e a quale prezzo”, per dirla con le parole del Polimi. E l’Osservatorio non tiene conto della partnership stipulata nel 2017 con la società internazionale di consulenza e brokeraggio Willis Towers Watson, con l’obiettivo di portare sempre più aziende italiane sul mercato FinTech dei crediti commerciali. Ancora, lo scorso gennaio, Workinvoice ha stipulato con Confindustria Vicenza un accordo per favorire, anche tramite alcune agevolazioni, l’accesso delle imprese associate alla piattaforma. Una strada, quella della collaborazione, che per Workinvoice ha radici lontane e che proseguirà senza sosta nei prossimi anni.