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30 Ottobre 2023

Credit crunch, a compensare il calo dei crediti, ci pensa il fintech

Credit crunch

Tassi alti e recessione: il mix negativo per le Pmi in Europa e in Italia

Dopo un 2023 faticoso, il 2024 rischia di esserlo altrettanto se non di più per le piccole e medie imprese. Tassi alti e recessione, infatti, rendono sempre più difficile accedere al mercato del credito. Non bastano più le garanzie di Stato, che negli anni dell’emergenza pandemica e della crisi energetica, avevano sostenuto il finanziamento del settore; inoltre, gli istituti di credito sono sempre più restii a erogare credito. Una situazione confermata da un dato ufficiale che indica un calo del 4% dei crediti concessi alle imprese, dato per altro aggregato e che non mostra la vera fragilità e sofferenza del comparto delle Pmi.

Dopo anni di cali costanti, tornano ad aumentare i default alle imprese

Il repentino aumento dei tassi d’interesse, iniziato a luglio 2022, ha invertito l’andamento dei default aziendali: dopo anni di cali costanti, i fallimenti delle imprese – seppure in maniera ancora lieve – sono tornati a crescere. E più sale il rischio morosità, più aumenta la selettività delle banche nei finanziamenti per ridurre la loro esposizione. Inoltre, l’aumento dei tassi e dei mutui ipotecari ha portato utili record a tutto il comparto bancario: abbastanza perché il settore non abbia bisogno di allargare il proprio raggio d’azione. Un circolo vizioso che rischia di strozzare la spina dorsale dell’economia italiana.

La situazione di fabbisogno di liquidità per le aziende, inoltre, è aggravata dal peggioramento dei ritardi strutturali relativi all’incasso dei crediti commerciali. Secondo lo Studio sui pagamenti 2023 di Cribis solo il 40,8% delle fatture viene pagato a scadenza, mentre un altro 49,7% viene saldato entro 30 giorni; il 9,5%, invece, registra ritardi gravi che vanno oltre il mese.

In questo scenario, le fintech battono le banche tradizionali

Quello di cui oggi le imprese hanno bisogno è il credito “di funzionamento”, ovvero quello necessario a finanziare il capitale circolante. Un tipo di credito per il quale le garanzie dello Stato sono meno presenti ed efficaci e che viene finanziato dalle banche con meno frequenza; si tratta di operazioni, infatti, che a fronte di elevati costi operativi comportano una redditività inferiore rispetto al credito a medio-lungo termine, ossia margini di profitto decisamente più bassi. Colpa anche dello scarso ricorso alla tecnologia da parte degli istituti di credito più tradizionali, che invece ridurrebbe in maniera sensibile i costi. In questo senso, emerge il vantaggio competitivo del fintech e di realtà come Workinvoice. Infatti, sempre più spesso, gli operatori bancari tradizionali si appoggiano alle realtà più innovative per erogare nuovi servizi ai propri clienti: un po’ come succede con i prodotti white label nella grande distribuzione. Si cercano soluzioni alternative per garantire alta qualità a costi inferiori.

Con l’Euribor vicino al 4% le challenger bank più competitive

Un altro fattore che rende ancora più competitivo il fintech è l’aumento dei tassi: con l’Euribor vicino al 4% e il tasso medio per l’anticipo fatture in banca per le piccole imprese superiore all’8%, la differenza di costo su un prestito tra una banca tradizionale e una fintech si è praticamente azzerata. Se in uno scenario di tassi zero, come è stato nello scorso decennio, le prime continuavano a essere più convenienti, oggi quella differenza non c’è più. E a creare questo vantaggio è proprio l’utilizzo della tecnologia, che permette di contenere maggiormente i costi rispetto agli operatori tradizionali.

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