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30 Giugno 2017

29/06/2017 – Fintech, invoice trading all’assalto delle Pmi

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In Italia il tempo medio di incasso dei crediti commerciali è di 78 giorni, contro una media europea di 47. Quello di pagamento dei debiti ai fornitori si attesta a quota 137 giorni, mentre in Europa si salda mediamente a 65 giorni. Questi due dati sono solo alcuni di quelli che possono essere utilizzati per giustificare lo sviluppo della finanza d’impresa alternativa, che in Italia cresce a ritmi interessanti senza però riuscire a raggiungere ancora una massa critica. Si potrebbero citare infatti anche le stime di Banca d’Italia sulla compressione del credito commerciale, il cosiddetto credit crunch, andata ben oltre la percentuale in doppia cifra sfiorando il 25% negli ultimi 4 anni. O ancora l’Osservatorio Cerved 2016, da cui emerge che il numero di Pmi alle prese con problemi di accesso al credito copre oggi il 48% di tutta la piccola e media impresa italiana.

In questo contesto è nato nel corso degli ultimi 3-4 anni un gruppo agguerrito di startup fintech, pronte ad offrire alle aziende italiane le proprie soluzioni digitali innovative e a promettere benefici importanti in termini di flessibilità ed efficienza finanziaria. La prima forma di supporto online alla aziende che ha fatto capolino nel nostro paese è stata il crowdfunding, con l’esordio della forma reward-based datato 2013. L’anno successivo c’è stato un salto di qualità con la nascita dei modelli equity-based, che hanno messo al credito online la veste di capitale di rischio. Mentre nel 2015 sono nate le prime piattaforme di prestiti via web alle Pmi, di cui ci siamo occupati recentemente su PaeseDigitale, e di invoice trading, cioè di anticipo fatture digitale. Quest’ultimo è uno dei segmenti più interessanti nel panorama fintech, con margini di crescita considerevoli visti i volumi che oggi viaggiano offline. L’anticipo fattura è infatti oggi il padrone assoluto del mercato italiano del credito di filiera con 87 miliardi di valore complessivo, circa 30 miliardi in più della seconda voce principale che è il factoring (dati Osservatori Digital Innovation).

La società Workinvoice, nata a fine 2013 dall’unione di alcuni manager con un passato nel mondo della finanza d’impresa e del fintech, è stata la prima a fiutare l’affare aprendo a inizio 2015 una piattaforma web per la compravendita dei crediti commerciali. La piattaforma punta su semplicità e soprattutto rapidità: l’asta dura 1 giorno e, normalmente, entro 4-5 giorni dall’inizio della procedura l’azienda cedente incassa il 90% dell’importo della fattura sul proprio conto. In poco più di due anni sul portale di Workinvoice sono state messe all’asta e vendute più di 920 fatture esigibili, per un importo medio di 70mila euro. Si può fare però molto di più per spingere un mercato che oggi vale in termini di giro d’affare solo qualche decina di milioni: «Per un salto di qualità sarebbero utili alcune misure. Una su tutte potrebbe essere implementata a costo zero: rendere illegali le clausole di divieto di cessione dei crediti commerciali, che alcune aziende o la maggioranza delle aziende di interi settori industriali impongono nei propri contratti di fornitura ai propri fornitori – spiega Matteo Tarroni, ceo e co-fondatore di Workinvoice – Qualunque limitazione al finanziamento e alla trasferibilità di questi crediti e qualunque aggravio di costo conseguente andrebbe valutato con grande attenzione. Infatti, chi finanzia questi asset richiede che i relativi diritti gli vengano trasferiti per consentirgli di rivalersi sul debitore in caso di mancato pagamento».

A prescindere dai possibili interventi di supporto a questo settore dell’economia digitale, Tarrodi intravede per la sua “creatura” prospettive ottime: «Abbiamo in pipeline alcuni accordi con operatori globali che ci consentiranno di offrire soluzioni integrate di finanza e gestione del rischio alle aziende italiane e agli investitori che le finanziano. Sempre più investitori istituzionali stanno accedendo a questo mercato ed altri se ne aggiungeranno nei prossimi mesi – prevede il ceo di Workinvoice – Anche sul fronte distributivo, stiamo chiudendo accordi con reti di intermediari e società di consulenza per promuovere e diffondere questo canale di finanza complementare per le Pmi».

Il vantaggio competitivo accumulato da Workinvoice grazie ad una corsa in solitaria non ha scoraggiato l’ingresso di nuovi entranti. Nel 2016 hanno messo più di un piede nel mondo dell’invoice trading diversi player, come Cashme, Fifty Finance, Credimi e Crowdcity, che non intendono lasciare i potenziali sviluppi del settore nelle sole mani di chi ci ha scommesso per primo. Una competizione che, specialmente sul fronte della maggiore conoscibilità di questi strumenti, potrebbe finire per far bene a tutti.

Fonte: Affari&Finanaza

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